
Tratto dal sito di Fabio Geda . (clicca sul link per visualizzare la pagina)
Faccio un sunto di un articolo interessante uscito su D La Repubblica del 21 dicembre in merito all’editoria per ragazzi (scritto da Lara Crinò). La riflessione parte dal gesto dell’editore americano Little, Brown che pare abbia acquistato due pagine sul New Yorker per invitare i genitori, tra i quali Obama e consorte, a impegnarsi per promuovere la lettura tra gli adolescenti maschi – esatto: maschi – che pare leggano talmente poco da soffrire di un vero e proprio “literary gender gap” rispetto alle loro coetanee femmine, un dislivello in grado di influenzarne le carriere scolastiche fino all’università.
Le competenze linguistiche influenzano l'apprendimento: è l'idea alla base dell'826 Valencia e di esperienze come la Grande Fabbrica delle Parole.
In Italia? Secondo la più recente indagine NielsenBookScan l’editoria per ragazzi resta, in piena crisi generale, un settore trainante, al punto che tra il 2010 e il 2011 è persino cresciuta. Poco, ma è cresciuta. Però, a quanto pare, anche in Italia questo successo è declinato soprattutto al femminile. L’Istat indica che il 70% delle adolescenti si dichiarano lettrici, mentre tra i maschi già a quindici anni i non-lettori prevalgono sui lettori.
Lara Crinò nota poi come i modelli culturali femminili offerti in televisione siano differenti da quelli offerti dai libri. In televisione è tutto rosa e laccato, le bambine sono risucchiate nei clichè soliti della bella ammaliatrice o della bruttarella secchiona e le pubblicità promuovono kit per diventare stilista, minicarrelli per la spesa eccetera, mentre in libreria si trovano storie di principesse, sì, ma anche di scienziate e guerriere. Antonio Monaco, coordinatore del gruppo Editori per ragazzi dell’Aie, ipotizza che questo sia dovuto al fatto che nel mondo editoriale lavorano molte donne, in grado, quindi, di imporre libri non appiattiti sugli stereotipi.
Sarà davvero così? A me sembra che anche nel mondo della letteratura per ragazzi i clichè si sprechino e che, in ogni caso, siano quelli a vendere di più. Poi certo, ci sono anche offerte alternative, ma forse perché sono molti di più i libri pubblicati dei giocattoli o dei cartoni animati prodotti. Di certo una libreria offre più scelta di una qualunque televisione o di qualunque Toys Center. Questo sì. Evviva la biblio-diversità!
Nell’articolo si nota poi come il fantasy sia il genere letterario transgender per eccellenza, come accomuni ragazzi e ragazze e, a volte, anche generazioni diverse. Anche se alla base di tutto, dice Beatrice Masini, resta l’identificazione: se i ragazzi si identificano nei personaggi allora leggono, se non si identificano non leggono. Le strade da percorrere per permettere ai ragazzi di identificarsi? Sono due: l’amore e la quotidianità, andando, in entrambi i casi, a scavare nelle ansie, nei dubbi e tra le speranze che quell’età, segnata dalla ricerca affannosa della propria identità, si porta dietro.
Quello che non si dice nell'articolo - e che varrebbe la pena indagare - è che certi intellettuali, e anche non pochi lettori, sembrano pensare che esistano libri buoni e libri cattivi. E non tanto in riferimento ai messaggi che i libri veicolano dal punto di vista dell'etica o della morale, no, semplicemente a partire dalla (secondo loro) eccessiva fruibilità, o forse perchè li leggono anche quelli che di solito verrebbero definiti non-lettori. Sara vero? Esitono libri così facili da leggere da far danno al lettore? Se sì quali sono?
Altra cosa che non si dice nell'articolo - e che varrebbe la pena indagare - è come accompagnare i ragazzi oltre le loro letture adolescenziali. Come aiutarli a far crescere le emozioni, e di conseguenza a cercare nuovi libri, più complessi, che quelle emozioni andranno a nutrire. Come farli transitare da Twilight a Il mio nome è Asher Lev (giusto per citare un libro sul crescere e sullo scoprire se stessi da me molto amato)?
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