16 gennaio 2012

Domenicanon #01

Domenica
Domenicanon
Domenica Non...

E' iniziata nel peggiore dei modi, e non potevo aspettarmi niente di diverso dopo la violenza cardiaca che ho deciso di auto infliggermi sabato sera. Due birre medie bionde, due rhum e pera, un panino napoletano e una baguette porchetta e fontina. Passi per gli alcolici ma il resto era un concentrato assurdo di strutto, uova e pancetta. Se poi a servire il tutto è un gaudente signore napoletano, dalla chiacchiera facile, non te ne accorgi mica che stai facendo una cavolata. E se poi scopri che dietro al bancone c'è anche Mario Bianco...

...chi è Mario Bianco?


Spero abbiate compreso quanto il trash emanato da quel locale abbia inibito in me qualsiasi istinto basilare di sopravvivenza. E se anche voi, una sera al quadrilatero, soffrirete di manie autodistruttive e lesioniste (marchetta in arrivo!) fatelo un salto al Cornetti Night.

Le inevitabili conseguenze di tutto ciò sono state la mancanza di sonno, un cervello pulsante per tutta la notte e una sveglia spenta senza batter ciglio. Due sveglie. Tre. Quattro. Cinque. Undici.

Sono le 11.

Il panico da ritardo si è fatto rapidamente spazio a pugni tra le vene ostruite rimettendomi al mondo come neanche un secchio d'acqua gelata può fare. Già, panico puro, perché quella mattina, oltre alle foto del blog, avrei dovuto scattare anche per un lavoro. Il tutto entro le 14 e 30. La "Domenica Non" doveva ancora iniziare.

Fiondatomi giù dal letto in 10 minuti ero già diretto verso la prima destinazione, in macchina. Quella di cortesia visto che la mia povera Polo è ancora in prognosi riservata. Arrivato a destinazione, scendo, apro il baule. Il cavalletto. Dove c...


Nell'istante in cui mi accorgevo di aver praticamente gettato alle ortiche un'intera mattinata, mi rendevo conto di quanto il mio abbigliamento fosse inadeguato per la temperatura esterna, siderale. Tremebondo e sconsolato ho iniziato così a scattare.


La Torino di domenica lontano dal centro è desolata, ed è desolante notare come molti luoghi con un potenziale immenso, e un passato importante, siano abbandonati a loro stessi. E dire che dal 2006 di anni ne sono passati, sei, e nessuno si è degnato di riassegnare quei luoghi ad altri scopi.





Del piccolo complesso espositivo posto ad uno dei margini del ponte olimpico non rimane che un tripudio di archi, vetrate e graffiti. Da una delle facciate è stata anche rimossa l'insegna delle olimpiadi. La gente percorre i due viali che lo attraversano, passando sotto la torre dell'orologio, unicamente per raggiungere la passerella, direzione lingotto, shopping. Torino è colma di queste contraddizioni, di queste dicotomie. Questo post vuole, vorrebbe, parlare anche di questo...





Rubato ancora qualche scatto sulla passerella torno verso la macchina, concedendomi qualche momento e una sigaretta in un parco nelle vicinanze. Sotto una gigantesca struttura ferrea, consumata dalla ruggine. Chakra. Opera del cuneese Riccardo Cordero.



El Paso, consigliatomi da un'amica, è un centro sociale in via Passo Buole 47, non lontano dalla stazione lingotto e dall'arco. L'intera cinta è ricoperta di murales, scocche di automobili e vespe d'epoca. Sul cancello principale è dipinto...

"cosa pensi di fare con quella macchina fotografica?"
"secondo te?"
"non puoi fotografare l'ingresso de El Paso!"
"ma qua fuori è un luogo pubblico, e poi voglio fotografare solo quella vespa"
"ti ho detto di no, poi la digos vede le foto e ottiene informazioni"
"grazie eh! ma non penso che alla digos gliene sbatta qualcosa delle mie foto"
"tu non puoi immaginare. Le carichi su internet vero?"
"certo"
"bravo, sei un ragazzo onesto. Se vuoi falla pure la foto..."
"no guarda, tutto ciò ha del ridicolo, me ne vado"

Rientrato dal "camper" da cui era uscito, assieme alla sua compagna, mi osservava dalla finestrella mentre tornavo verso la macchina. C'è da chiedersi quale sia la necessità di agghindare un edificio storico con tante cianfrusaglie se non puoi neanche fotografarle. E poi quelli della digos? Non sanno farle per i fatti loro le foto?

Nero, mi sono diretto verso parco Michelotti nella speranza di lasciarmi la desolazione alle spalle e di poter immortalare le sculture che popolano i suoi spazi.





Chiuso e desolato anch'esso.



Ormai preso dallo sconforto mi sono diretto verso l'ultima tappa della giornata: l'ex area industriale della Teksid, in corso Mortara. L'intera area è stata recuperata all'interno delle vecchie fabbriche, ricavando tra i suoi pilastri una cattedrale donata alla comunità, con campi polisportivi, camminamenti suggestivi, dipinti, e spazi per le famiglie. Un vero e proprio omaggio al passato industriale della città e al suo presente multiculturale.






Un lungo cavalcavia, su via Borgaro, collega il complesso alla chiesa del Santo Volto, sede della curia torinese, creando così un sorta di connessione tra due mondi storicamente opposti. L'unione ritrovata è inoltre sancita da un'epigrafe incisa sulla chiesa.




Ritornato a casa, scaricate le foto, ero convinto di aver passato una domenica decisamente mediocre, al di sotto delle mille aspettative che avevo su quei luoghi. Grandiosi, per la carità, soprattutto l'ultimo, ma privi di un lato umano immediatamente tangibile.

A chiunque, munito di macchina fotografica, sarà capitato di scattare qualche foto senza neanche guardare nell'obiettivo o nello schermo di una compatta. E' un atto dovuto a tantissimi fattori, sicuramente uno è quello di rubare un attimo reputato irripetibile, un altro quello di non turbare il soggetto di uno scatto. Riguardando le foto ho compreso un secondo significato della massima di Frank Hogart: "La fotografia è l'arte di non premere il pulsante". Se lo premi può andarti comunque bene. L'eccezione che conferma la regola.



Scusate se sono stato nuovamente prolisso!
Buona settimana!

Enrico.






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